Birmania

Posted by admin | Brodo | venerdì 28 Settembre 2007 17:13

birmania.jpg

Secondo voi può andar bene lo stesso una Polo Iceberg terra di Siena,
o me la cavo anche con una camicia Dries Van Noten in seta rossa?

Death of A DiscoDancer di sottofondo

Mamma, te lo giuro, non sono stato io…

Posted by admin | Brodo | martedì 25 Settembre 2007 17:05

… io queste stronzate non le dico.

Sì, mamma. Ero al GhiradaCamp e un giornalista
del Corriere Veneto mi ha intervistato.

Mamma, dai cazzo. Ma te l’assicuro.

Lo sai come sono fatti i giornalisti,
ti mettono in bocca quello che vogliono loro.

Ma no, mamma, no, non penso assolutamente una cosa del genere.
C’è qualche cretino che lo pensa, ma ti assicuro che non mi è mai passata per la testa una troiata così grossa.

ghirada camp

Caro Matteo del Corriere Veneto, giuro che se ti becco in giro ti faccio imparare a memoria tutta la tabella di Sklansky, e se mi sbagli una dico una sola starting hand ti legno

Buongiorno Professore

Posted by admin | Brodo | lunedì 17 Settembre 2007 17:20

Buzz della settimana:
– Grillo
– Populismo
– Antipolitica
– Blog

E’ dai tempi delle emorroidi di Enzo Paolo Turchi
che non assisto a una discussione così coinvolgente e appassionante.

La cosa che più mi inquieta è il movimento della bocca.
Quando il cavo orale prende aria.
La bocca si gonfia.
Il palato si spalanca.
Ed esce fuori la parola “bbblog”.
A volte, se prendi una leggera rincorsa, riesci a dire anche “bbblogger”.
Io, quando vedo la bocca gonfiarsi, ho già paura.

L’altra mattina mi facevo un paio di vasche nella noia.
Si illumina l’icona di Gmail.
Che sia il bonus di Titan Poker?
No, un cazzo.
Una firma che non conosco.
Ma il dominio parla chiaro.
E’ un’importantissima radio italiana.

Wow.

L’esordio mi inquieta.
“Gentile Professor Marchetto”.
Ansia.

La mail mi annuncia che in un famoso, anzi famosissimo, programma radiofonico,
il giorno seguente, si parlerà di “bbblog”.
E siccome io ho “una ricerca in corso” (finita a giugno n.d.r.)
mi vogliono come ospite.

Ma non si preoccupi Professor Marchetto se lei è d’accordo la contatterà la redazione.
Sono d’accordo.
Nei media mainstream ci sguazzo.

La redazione del programma famosissimo della radio famosissima,
bussa al mio telefonino.

E’ il conduttore, mica cazzi.

“Heylà professore, come andiamo?”

a) chi cazzo sei
b) anche se ho un blog e ho 32 anni e ho giocato a Magic nessuno ti autorizza a questi giovanilismi trash
c) informati meglio perchè non ho idea dove tu abbia letto che io sono professore

Il conduttore sostiene che c’è bisogno di capire i blog.
E che in studio avranno un blogger famoso che ha scritto libri sui blog
che passa il tempo a parlare di blog

e che mi sta sul cazzo.

Cerco il Lexotan, ma l’ho lasciato a casa.
Mangio una pasticca all’aglio.
La parola “blog” mi mette ansia.

Perdo il filo del discorso.
Tento di recuperarlo.

La morale da quanto ho capito è che se in studio c’è un blogger
cercano qualcuno che sia disponibile a fare le scarpe a questo blogger.
A dire (e cito testualmente) “che in fondo, dai, è solo una moda
e che la gente di fronte al computer si rincoglionisce e basta”.

“Insomma ho bisogno di qualcuno che mi dica che nei blog si scrivono solo palle”.

Silenzio.
Silenzio.
Capolavoro:
“Lei per caso ha qualcuno da consigliarmi che la pensa così?”

Per un attimo ho pensato seriamente di dare la mail di quel gran genio
di Fabio Metitieri e lasciare a lui il simpatico compito di mandarli a fare in culo.

Poi ho lasciato perdere.
Qui ci voleva il colpo di genio.
Tipo lasciargli il numero della diretta di Leo di Leo.
Oppure il numero della differita di “Indovina la parola”.

Ma ultimamente non ne ho più di questi colpi.
Metto giù il telefono carico di mestizia.
L’ultima cosa che sento è “ci faremo vivi noi”.

Mi tuffo a lavorare e nell’arco di 10 minuti riesco a dimenticarmeli.

Arriva l’ora dello spritz universitario.
La suoneria del mio telefonino si confonde con “Su di noi” di Pupo sparata a mille dal bar sotto l’ufficio.
E’ il conduttore.
Anzi no, la segretaria.

“Mi dispiace Professor Marchetto, la puntata è saltata”.
Strano cazzo e io che credevo che il giorno dopo si sarebbe fatta la storia della radio.
“Purtroppo dobbiamo occuparci di un tema di attualità molto urgente”.
Figa…immagino già, urgentissimo.
“C’è il problema della gestione e della tutela dei collaboratori di giustizia in Italia”
Cazzo, il mio vicino di casa. Sono arrivati a lui.
“Quindi ci scusiamo ma salta la puntata”.

Pericolo scampato. Togliamoci pure il vestito buono,
ricominciamo con le puttanate, ricominciamo a rincoglionirci.
Non ci hanno ancora scoperti.

MMW orchestra il tutto

Senza titolo

Posted by admin | Brodo | giovedì 13 Settembre 2007 16:36

Esisteva un’epoca.

Un’epoca in cui i piani regolatori delle cittadine trevigiane
non erano ancora in mano ai programmatori di Sim City.

Un’epoca in cui non era ancora stata approvata la legge Ribas-Toniolo
che metteva al bando libri e romanzi lungo le rive del Piave.

In quell’epoca, Conegliano era una bella città.
Un crocevia culturale per chiunque si appassionasse alla letteratura e alla poesia, soprattutto americana.
Jay McInerney l’ho conosciuto lì.
Eric Andersen, Lou Reed, Allen Ginsberg e Gregory Corso.

Nel 1995 entrai al Teatro dell’Accademia emozionatissimo.
Mi accompagnava un coglione alterna di Milano.
Uno che ora dirige una rivista d’arte.
Appassionato di poesia “beat”- “perché anche loro, a modo loro, erano punk”.
Ma vai a fare in culo.

Io invece avevo già superato il periodo “Beat Generation”.
E su Allen Ginsberg nutrivo pesanti sospetti.
Quello che mi affascinava era la presenza della Pivano.

Capiamoci, già all’epoca dava pesanti segnali di rincoglionimento.
Ma non potevo dimenticare la bellezza di quel saggio che introduceva “Le regole dell’Attrazione” in Edizioni Pironti (credo attualmente introvabile).

Allen Ginsberg si presenta col sitar.
Strimpella.
Fa versi.
Per due minuti.
Poi si calma.
E’ poesia, mica cazzi.
Poi ricomincia a fare versi.
Poi intona in modo osceno l’ormai classica Hadda Be Playin’ On a Juke Box.

Mi lesso i maroni dopo 40 secondi.
Insostenibile.

Sono attorniato da gente in estasi.
Ovviamente è il 1995.
La beat generation vive una sorta di seconda giovinezza grazie al traino di Seattle.

Ciò non toglie che io mi stia rompendo ferocemente i coglioni.
Per fortuna Allen Ginsberg decide di mollare il colpo,
ma solo dopo 6 acuti no-sense.

Applausi.
La gente è impazzita.
Non ha capito un cazzo. Ma non importa.
Del resto nessuno mai ha capito un cazzo.
E’ Allen Ginsberg. Punto e stop.

Dopo ‘sto catorcio, tocca a Zanzotto.

Avevo letto da poco il Galateo in Bosco.
Ma lo capivo poco. Solo qualche anno dopo ne avrei colto la meraviglia.

Dal palco Zanzotto dice che ha scritto una poesia per l’occasione.
Parla di Mickey Mouse.
E’ una poesia sull’infanzia nel dopoguerra.
Una poesia da recitarsi sul motivo di “Topolin” (Tutti in coro noi cantiamo viva Topolin. Topolin, Topolin, viva Topolin).
Ma la sua s’intitola “Topoìn.”
Localizza il mito.
Confonde l’immaginario americano con la terra del Montello.
La sua terra.

Impressionante.

Le mura del teatro si impregnano di dialetto veneto.
La sala si riempie di immagini scandite da una lingua
come mai l’ho sentita prima.
E questa lingua permetteva tutto: gli permetteva di confondere
tradizioni e progresso, miti arcaici e sviluppo industriale.
Il bosco e la fabbrica.

Tutto questo senza il sitar.
Senza un urlo.
Senza LSD.
Senza doversi attorniare di teenager con la camicia di flanella a scacchi.

Accompagno in stazione il milanese.
Aveva minacciato di dormire a casa mia in caso perdesse il treno.
Grazie al cielo all’epoca avevo una tamarrissima 205, mille&nove.

Arrivo puntuale alla stazione.
In tempo per girarsi verso di me:
“Oh, che viaggio….”
“Ho corso troppo?”
“no no.. parlo di Ginsberg che viaggio! che trip!”

Trip.

Questo post l’ho scritto parecchi giorni fa.
L’intento era quello di scrivere un post divertente.
Perché lo scopo era divertente.

Era la valvola per un’idea. E immaginare uno Zanzotto
che vive l’adolescenza negli anni ’80. A Ponte di Piave.
E ridà vita e senso all’idiozia.

Reinterpretando “Call me, baby, call me now” in
“Ciameme, femena, ciameme ‘des”.
Oppure “Fioi de Ibiza, alcuni ié de sest, altri ié canàje”.

Purtroppo mi sono immalinconito scrivendolo.
Per la prima volta da quando scrivo,
sono stato schiacciato dal peso retorico della nostalgia.
Non mi capita mai.
Tant’é.

Die Kaiserstadt

Posted by admin | Brodo | domenica 9 Settembre 2007 21:45

Se fossimo sotto l’Impero Asburgico
eviterei le code al confine per andare al Perla.

La mia passione per Franz Joseph è recente.
Risale alla vigilia di natale del 2006.
Passeggio per il centro di Udine.
Parlo francese con un francese.
Incontro Riccardo Costantini.

Ha una barba enorme. E’ bellissima.
La invidio tanto.
Mi spiega che non se la taglia da agosto, da fine agosto.
Da quando ha partecipato al concorso di barba e baffi a Giassico.
Durante il Genetliaco.

Un anno intero di cultura della barba.
Lisciare i peli. Pettinarli. Arrotolarli con speciali attrezzi.
Il tutto per celebrare l’Imperatore che tanto rimpiangiamo.

Decido che io non sono secondo a nessun Riccardo Costantini.
E dal primo gennaio mi faccio crescere la barba.
A Giugno la taglio.
Finisce il mio sogno.
Devo fare i conti con me stesso.
Sono nato glabro. E rimarrò glabro.
Tengo solo i baffi.

Ma a Giassico non mancherò.
A Giassico io ci devo essere.
Voglio vedere i fasti dell’impero.
Voglio vedere i monarchici.
Voglio bearmi di antidemocrazia. Ma non quella di Grillo. Quella vera.

Passo il pomeriggio in compagnia di due DVD di Sissi.
– La giovane imperatrice
– La principessa Sissi
Mi chiedo più e più volte come si possano accostare lo splendore aristocratico di Romy Schneider
con quell’uomo senza volto di Karlheinz Böhm. Io adoro Romy Schneider.

La sera prendo la macchina.

Il parcheggio è attorniato da bandiere di ogni nazionalità mitteleuropea.
Ahi.
Ovunque ci sono cartelli che rimandano al Genetliaco come alla festa dei popoli della Mitteleuropa.
Ahi.

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Mi sa che se cercavo revanscismo imperiale ho sbagliato posto.

mitteleuropa.jpg

Io e Kaiserinen però abbiamo fiducia.
Ci stringiamo attorno al focolare della monarchia.
Ed entriamo alla festa.

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Da lontano lo riconosco subito.
E’ lui. L’imperatore.

imperatore.jpg

Nella foto indosso: pantaloni Jekkerson, scarpa Onitsuka Tiger, t-shirt Paul Frank,
borsa a tracolla di Nava.
Franz Joseph e Sissi invece indossano divise ufficiali da parata.

Continuo a cercare segni imperiali ma non ne trovo.
Comincio a pensare che anche Giassico si sia annacquato in un’atmosfera da “volemose ‘bbene”.
Ma improvvisamente una t-shirt mi rialza il morale.

tshirt.jpg

Die Kaiserstadt. Godo.
E anche qualche ballo tipico mi fa capire che non tutto è perduto.

ballotipico.jpg

Ritrovo il sollievo in un’orchestra che inneggia al Kaiser.

orchestra.jpg

Ma subito dopo prendono il sopravvento:
– un’orchestra di liscio
– la pesca di beneficenza
– la tombola

La cosa agghiacciante è che le tombola metteva in palio soldi.
1000 euro. Franz Joseph è entrato nel business.

Decido che Giassico è un po’ come una sagra paesana.
Più bella di una sagra paesana.
Ma è una sagra.

Esco sconfortato. Il mio viaggio alla ricerca di qualcosa di imperiale non si ferma qui.
Prima o poi troverò un feudo.
E un’imperatore vero.

Il fatto è che sono le 11 di sera.
E non ho voglia di andare a casa.
Kaiserinen è contenta.
Forse è il caso di approfittarne.

“Senti…”
“Sì?”
“Hai voglia di andare a casa?”
“Boh…anche sì”
“Ma sigarette ne hai ancora? Prché siamo a un passo dal confine”
“Ah vorresti andare in Slovenia a prendere cicche?”
“Andiamo?”
“Sì, ok”

Passiamo il confine.
Prendiamo le sigarette.

“‘Scolta….”
“Hai sonno?”
“Boh…no”
“E se facessimo un salto al Perla?”
“……”

poker2.jpg

Un reraise di Stu Ungar fa da sottofondo al tutto

Morire in Vaticano

Posted by admin | Brodo | lunedì 3 Settembre 2007 17:07

suicidio_vaticano

Sicuri, vero? Non è che vi state sbagliando?
Non che non mi fidi, eh.
Ma anche l’altra volta, qualche dubbio….

P.s. sono tornato