31 – Seconda Parte
Ovviamente al Concorso del 1985 dovevo partecipare
con qualcosa di mainstream. E abbandonare qualsiasi velleità religo-fetish.
Faccio la follia e mi iscrivo.
Do l’annuncio a mia madre che con pragmatismo nordestino mi fa notare
che no, “noi non abbiamo nessuna statuina, devi comprarle”.
Eccola lì.
Appena uscita dal PCI e appena entrata nel consumismo.
Povera donna a una dimensione.
Leggiti Guy Debord, sfigata.
“Comprare” è da sempre nella lista delle mie parole proibite.
Mi chiudo in camera a sessioni di tre, quattro ore pomeridiane.
Meditazione.
Ogni tanto facevo una capatina da mia nonna.
Nella speranza che mi portasse a fare merenda dalla Zia MariaLuisa.
Per testare la concorrenza.
La Zia MariaLuisa era una delle principali candidate alla vittoria dopo tre concorsi di fila dove sbancò la concorrenza con presepi semoventi.
Aveva addirittura la stella cometa che con un movimento elastico scendeva verso la capanna.
Avevo persino un girotondo meccanizzato di pecorelle.
Lei non usava lo specchio dei trucchi per fare lo stagno.
No.
Lei lo stagno ce l’aveva sul serio. E l’acqua puzzava pure.
Ma il colpo di classe era il volto di Maria: le battevano le ciglia.
Questi erano i competitor.
E qualsiasi manuale di marketing ti farebbe notare che non è una buona cosa entrare in un mercato saturo senza un’idea originale.
Ma io l’idea ce l’avevo.
In quei giorni mia madre mi vedeva solo per i pranzi e le cene.
Il resto era solo scuola e camera mia.
Dovevo finire in tempo.
Il 21 era giorno di commissione.
I ragazzi dell’ACR giravano per la case dei candidati a valutare il presepe.
Ansia.
Ero in ritardo.
Con una forzatura sindacale riesco a strappare a mia madre un turno di lavoro serale per il mio progetto.
La sera del 20 il presepe è pronto.
E’ piccolo. Modesto. Terribilmente giallognolo.
Ma sine dubio un capolavoro.
A mia madre luccicano gli occhi.
E’ stronza, sì. Ma sa riconoscere il genio.
La mattina del 20 sono in trepida attesa.
Ultimi ritocchi.
Suonano alla porta. 5 ragazzi malvestiti con a capo Morena.
E’ la figlia della mia vicina di casa ed è la presidenta della commissione giudicatrice.
E’ fatta.
Il presepe lo nascondo sotto un velo di stoffa blu.
Pronto a scoprirlo.
Offro un bicchiere di vino ai membri.
Morena mi fa qualche domanda su Dio e la religione.
“Contano le risposte che dai eh! Più rispondi bene più si alza il punteggio”
Sleali.
Ma me la cavo assemblando un paio di citazioni religiose di terza, quarta mano.
“Vediamo sto presepe”
Morena è impaziente.
Io non sto più nella pelle.
Scopro il velo.
Sarà sicuramente un “ohhhhhhhh è meraviglioso”
No.
Non è così.
Silenzio.
Morena sorride.
Due idioti dietro di lei ridono.
Io sono sull’orlo di uno dei miei primissimi esaurimenti nervosi.
“Scusa…”
“Eh…” Mi esce solo un “eh”, una sillaba in più e sarebbero state lacrime.
“…ma sono Lego quelli?”
“Sì” – sono sull’orlo, sto per piangere – “è interamente fatto con i Lego”
Piango. A dirotto.
Morena e il corteo di stronzi se ne vanno.
Mia madre mi consola.
Ma non abbastanza.
Il 6 gennaio c’è la premiazione.
In chiesa.
Non ho il coraggio di andare.
Umiliato e offeso.
Se ne occupa mia madre.
Torna a casa con un diploma.
Mi sono classificato trentunesimo.
“Ma’…in quanti eravamo?”
“31”
Vorrei che il post lo accompagnasse White Christmas cantata da Karina di Uomini e Donne